Gli albori della storia del Metal Detecting

Le prime notizie sulla storia del metal detecting, intese come nascita e creazione dello strumento, risalgono al 1881. Per quanto riguarda il primo rudimentale modello, dobbiamo nominare l’inventore Alexander Graham Bell. In tale occasione, egli venne chiamato in aiuto dai chirurghi del Presidente Americano Jones Garfield. Il Presidente, ferito al busto da due pallottole in un attentato, venne operato dai migliori specialisti ma nessuno di essi riuscì ad individuare, e quindi a rimuovere, i corpi estranei.
Bell usò la sua invenzione (foto sopra), che in un primo momento sembrò adempiere allo scopo. In effetti il metal detector rilevava un oggetto metallico, ma purtroppo si trattava delle molle del materasso e non delle ogive. Lo strumento, pur funzionando bene, era a tutti gli effetti un prototipo e non aveva la precisione necessaria al compito.

Come si può ben immaginare, lo sviluppo di questa tecnologia fu studiata e ampliata per scopi militari. Un altro Metal Detector di cui si ha traccia fotografica risale al 1919 in Francia. Un oggetto molto pesante, con una struttura in legno a compasso e con le piastre (emittente e ricevente) alle due estremità. L’elettronica era racchiusa in un box di legno e c’erano delle cuffie per l’operatore (foto a dx).
Polonia: la rivoluzione di Joseph Kosacki

Józef Stanisław Kosacki (foto a sx) è nato il 21 aprile 1909 a Łapy, in Podlasie. Suo padre Antoni era un macchinista, e sua madre, Aleksandra dei Roszkowski, si occupava della casa.
Nel 1928 si diplomò alla scuola media e superiore Henryk Sienkiewicz a Czestochowa e di seguito frequentò il Politecnico di Varsavia presso la Facoltà di Ingegneria Elettrica, dove si laureò nel1933.
Dopo aver studiato, prestò servizio militare nella Scuola Ufficiali dei genieri a Modlin. Con il grado di Sergente di plotone andò a praticare in elettrotecnica al Nowy Dwor Mazowiecki e dopo averlo completato nel 1934, fu promosso al grado di tenente.
Quando lasciò l’esercito, iniziò a lavorare presso l’Istituto statale delle telecomunicazioni di Varsavia come capo del dipartimento Amplificatori telefonici.
La Seconda Guerra Mondiale
Una vita pacifica e tranquilla fu interrotta dall’invasione tedesca della Polonia il 1° settembre 1939. Scoppiò la Seconda Guerra Mondiale. Józef Kosacki si offrì volontario il 4 settembre e si inserì nel gruppo tecnico nel ramo speciale della comunicazione.
Dopo la caduta di Varsavia, molti soldati tentarono di passare attraverso l’Ungheria o la Romania. Ma era una falsa speranza perché l’Ungheria, apparentemente neutra, allo scoppio della guerra dovette soccombere alle pressioni e le richieste da parte degli alleati ed internare i polacchi che arrivavano sul proprio territorio. E così, Józef Kosacki e la sua intera unità vennero internati. Come molti altri, egli non abbandonò l’idea di arrivare a Parigi e, dopo molte settimane di vita nel campo di prigionia, decise di fuggire e ci riuscì.
Arrivato a Parigi Joseph Kosacki si riunì con l’esercito polacco ricostituito, ma purtroppo non ebbero mai la possibilità di combattere al fianco dei francesi e il governo non ebbe altra scelta che evacuare l’alleato in Gran Bretagna.
Kosacki dal 1940 prestò servizio in Scozia al Communications Training Center di Dundee, da dove lo trasferirono a St. Andrews. Nel 1943 fu trasferito a Londra, dove lavorò, fino alla fine della guerra, nello stabilimento di comunicazione militare come progettista di hardware e capo del controllo.
Un tragico incidente ai soldati polacchi in Gran Bretagna, il 1° giugno 1941, colpì molto Kosacki. Una pattuglia di cinque uomini del 14° reggimento della 10a brigata corazzata (la cosiddetta “Brigata Nera”) svolse un compito di routine sulla spiaggia vicino ad Arborot, in Scozia. Purtroppo, non vennero avvisati che il suddetto arenile era minato e furono tutti colpiti a morte dalle deflagrazioni.
“Mine Detector, Polish Type No. 1”

Pochi mesi dopo questo tragico evento , il ministero britannico delle forniture annunciò un concorso per l’implementazione del cercamine. Sette persone presentarono le loro invenzioni. In un prato gli organizzatori interrarono alcune monete, ogni inventore ebbe una determinata area di ricerca e lo stesso numero di monete. Lo scopo era di ritrovare il più alto numero di targets. Vinse l’invenzione di Kosacki, che raccolse tutte le monete nel tempo più breve. Nell’autunno del 1941, il modello di Kosacki fu pronto per la produzione e introdotto nell’esercito britannico come “Mine Detector, Polish Type No. 1“.
Il rilevatore pesava solo 14 Kg e poteva essere facilmente trasportato da un soldato. Consisteva di due parti: la prima era una borsa di legno indossata sul retro a zaino, contenente un oscillatore di frequenza acustica, un amplificatore e batterie di alimentazione. La seconda era un palo di bambù. Una coppia di bobine di rilevamento era attaccata ad un’estremità della barra; sull’altro c’era un piccolo variometro (alternatore di induttanza). Fu la British Cinema Television Studio Ltd a occuparsi della produzione(foto sopra).

Per quanto si è potuto ricostruire dalle notizie a noi pervenute, furono realizzati 3 modelli del cercamine con piccolissime differenze dall’originale, più che altro per maneggevolezza. Il modello venne usato per la prima volta in guerra durante la seconda battaglia di El- Alamein in Egitto (foto a dx).
Va aggiunto che Kosacki passò la sua invenzione all’esercito britannico gratuitamente, senza brevettarla. Era più importante per lui proteggere la vita dei soldati che i beni materiali.
Il 22 aprile 1947, il nostro inventore tornò in Polonia, dove continuò le sue ricerche in vari campi dalle onde radio all’energia nucleare. Józef Kosacki morì a Varsavia il 26 aprile 1990 e venne sepolto nel cimitero di Bródno con gli onori militari.
Un grande polacco se n’è andato. La sua invenzione non servì solo durante la Seconda Guerra Mondiale, ma anche su diversi altri fronti. Tutti i detectoristi dovrebbero sempre ricordarlo e onorarlo, perchè parte integrante della storia del metal detecting. Grazie Joseph!
Lo sviluppo del Metal Detector
Quindi abbiamo detto che dal 1881 al 1919, per esigenze militari si utilizzava un rudimentale metal detector di dimensioni e forma quasi inutilizzabili. Sicuramente scomodo da manovrare.

Dobbiamo aspettare altri 22 anni, quindi il 1941, per vedere uno strumento simile a quello che conosciamo oggi.
A cavallo degli anni ‘50 e ‘60 del 1900, con l’invenzione dei transistor, come oggi li conosciamo, gli strumenti divennero sempre più piccoli, leggeri, maneggevoli e portatili. Negli anni a seguire fu introdotta per la prima volta anche la discriminazione.

Lo studio sui transistor risale al 1939 a cura di William Shockley, che li interrompe per poi riprenderli nei Bell Laboratories insieme a Bardeen e Brattainnel nel dopo guerra. I tre scienziati nel 1956 ricevettero il Nobel per questa invenzione. (foto sopra e dx).

Ma il vero balzo in avanti, che ci porta direttamente ai nostri giorni, fu l’invenzione e quindi l’uso dei microprocessori (foto a sx). Uno strumento che senza dubbio ha cambiato la storia del metal detecting.
Il Microprocessore è una tipologia particolare di circuito elettronico che si contraddistingue per essere interamente costituito da uno o più circuiti integrati ed è per questo di dimensioni molto ridotte. La costruzione dei microprocessori fu possibile dall’avvento della tecnologia LSI, fondata sulla nuova “Silicon Gate Technology”. Fu l’italiano Federico Faggin, famoso per la sua Intel, a costruirla alla Fairchild nel 1968.
Metal Detecting in Italia
Ma quando è nata la pratica del metal detecting hobbistico in Italia?

Non è una domanda semplice. Non si hanno elementi certi o una bibliografia da cui attingere, quindi non è possibile dare una risposta precisa. Sappiamo che durante la seconda guerra mondiale si usavano cercamine per la bonifica di campi e trincee. Dobbiamo però arrivare a fine anni ‘70 del 1900 per avere le prime tracce del nostro hobby.
Quindi, abbiamo dovuto attingere da fonti di memorie storiche serie e autorevoli, vere icone del nostro hobby che tutti dovrebbero conoscere. Persone che hanno reso possibile in un modo o nell’altro grande la nostra passione.

Abbiamo parlato e chiesto lumi a Marco Faraoni e Simone Stracci, due detectoristi “storici”. Grazie ai loro ricordi siamo riusciti a ricostruire la storia del metal detecting hobbistico. La prima traccia ci viene data da Faraoni.
Siamo a fine anni ’70, quando un signore inglese venne in vacanza in Italia portandosi con sé il suo amato strumento. Egli ripetè il viaggio anche negli anni successivi, finché un giorno incontrò la sua dolce metà. Decise quindi di stabilirsi nel Lazio e di cominciare ad importare e vendere metal detector nel negozio di famiglia.
Saltiamo agli inizi anni ‘90, quando la EB Elettronica, che ancor oggi è punto fermo del metal detecting italiano, organizza il primo campionato conosciuto, consistente in una sola gara. Se ne trovano notizie sul mensile Metal Detector, da cui estrapoliamo e pubblichiamo alcune foto (foto sopra).
La nascita della Federazione Italiana Metal Detecting
L’idea di costituire la FIMD nasce dalla volontà di creare un organo che raccolga tutti i detectoristi che condividono i nostri obiettivi e la nostra concezione del metal detecting. L’idea è quella di rappresentarli, sostenerli e trattare le problematiche che circondano questa pratica. Affrontiamo queste tematiche non solo a livello pratico e legale ma, soprattutto, allo scopo di diffondere un nuovo modello di metal detecting: Il Metal Detecting Responsabile.
Questo nuovo approccio, che si sta diffondendo in molte nazioni, vuole valorizzare la pratica del Metal Detecting non solo come pura forma di svago, ma anche e soprattutto come pratica amatoriale che può contribuire alla salvaguardia dei beni culturali del nostro Paese.

I Detectoristi non cercano intenzionalmente materiale archeologico ma è pur vero che ci può capitare di rinvenirlo fortuitamente e, quando capita, dobbiamo agire secondo legge. Il Metal Detecting Responsabile vuole essere il modello che ci permetterà di rigettare con forza il tanto odiato parallelismo “metal detector = tombarolo”, facendo comprendere che questa attività non ha nulla a che fare con l’illegale. Crediamo fermamente che un processo educativo e una corretta pratica ci permetterà di raggiungere i nostri obbiettivi, anche se questo sarà un cammino impegnativo e arduo.
La FIMD già rappresenta l’Italia in seno allo European Council for Metal Detecting e cerca continuamente di “seminare” i propri intenti all’interno delle numerose articolazioni delle Istituzioni nazionali ed internazionali, come ad esempio l’Unione Europea.
Cosa ci aspetta in futuro non lo sappiamo ma adesso siamo in grado di conoscere la nostra storia e il nostro passato.
Giuseppe Geta – FIMD Campania
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